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Poeticamente abita l'uomoLe loro sono Pietre che attraversano le frontiere, gli orizzonti lontani, moltiplicano le voci locali...


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Giuseppe Cafaro / 2024

Ho deciso di prendere in prestito il titolo di un saggio di Martin Heidegger e le parole del poeta Holderlin che il filosofo approfondisce nel suo scritto, affinche' io possa provare a narrare il mio sentire sul mondo degli oggetti de "La Casa di Pietra", sull'universo di Laura e Gabriele, per questo loro decennale. Sono parole che ben si addicono, lascio a voi lettori il desiderio o meno di cercarle e di rinnovarle. Sul "io sono" e, propriamente, "io abito". Sul "custodire", "il coltivare", "il costruire".

L'architettura, le arti decorative, gli oggetti appartengono alla poesia, e' loro scopo aiutare l'uomo ad abitare, a oltrepassare la soglia dai sentieri della vita, a sentire il significato dell'essere; ma e' un'arte difficile, e' un'arte in cui Laura e Gabriele riescono benissimo, sono maestri.

Le loro sono Pietre che attraversano le frontiere, gli orizzonti lontani, moltiplicano le voci locali, le molte anime, raccontano; ed e'subito brama di sentirne le forme e la grana, con le mille e mille e una notte sfaccettature e declinazioni, con le contaminazioni elegantemente sovrapposte; ed e' desiderio di toccarle, di carezzarle, come invitava a fare per ogni pietra il loro conterraneo Marino Marini, come Mimmo Jodice con grazia sottile suggeriva alla moglie Angela di accarezzare le pietre di Pompei, pietra su pietra; sono Pietre da sollevare nei palmi delle mani in gesti ieratici; e' desiderio quasi di assaporarle, di sentirne l'odore dell'acqua che le ha levigate. Il loro e' saper fare, e' senso materico, e' sensibilita' e pragmatismo, equilibrio, predisposizione all'ascolto, e' ricerca come metodo di conoscenza, e' cura, e' valentia.

A volte sono perfette cicatrici, sono imperfette bellezze.

E di eloquente e autentica bellezza sono anche le ultime collezioni RITO e RUDERE per Pimar Srl, se ne intuisce subito la tessitura emozionale, gli echi, i rimandi, il rispetto vero per il respiro della natura, per una pratica realmente ecologica; sono fatte di pietra leccese, di ulivo ferito dal batterio fastidioso. E se l'ulivo fosse il talamo nuziale di Ulisse? E se fosse l'ulivo ai cui piedi i marinai di Feacia adagiarono Ulisse sulla spiaggia di Itaca? Sulle tracce di Pitagora e delle Sirene, con quell'intreccio di inerzia e lucore che al Sud deraglia nella nostalgia? I Ruderi non solo sono intimamente legati alla architettura vernacolare, alla tradizione, reinterpretata nella sua complessita' tipologica e materica, alla ricerca di un dettaglio, per un abaco compositivo, alla ricerca di una memoria che possa dare significato al nostro presente, ma appaiono anche come se fossero usciti con grande forza, con tenerezza dal "Breviario mediterraneo" di Predrag Matvejevic, o dal mediterraneo di Bernard Rudofsky di Cherubino Gambardella.

In ogni collezione, sono Pietre che raccontano la vita, con armonia quasi musicale, classica, con opulenza; sono diari immensi, un viaggio nel viaggio, spesso con delicatissime sottolineature da scritti di Italo Calvino, come gemme rubate, una cifra che non e' per nulla segreta, Laura e Gabriele ne parlano spesso; e coincidenza vuole che da sempre sia tra i miei scrittori preferiti. E' il piacere che si prova a penetrare nell'animo altrui per una condivisione di responsabilita', un riparo.

E ora comprendo ancor meglio la lezione del mio professore Filippo Alison: "... l'immagine del vaso e' quasi una dimensione dell'inconscio che va oltre tutte le tipologie dell'oggetto storicamente determinate, ma grande e' la sua forza di agitare passioni tenere, tranquillanti, richiamandole alla mente dai giacimenti profondi dello spirito, sedimentati lungo generazioni e generazioni."

Ancora. E' "poesia solida".

Nell'immergersi con trepidazione ne "La Casa di Pietra", quasi con spasmo, con avidita' e smania, l'anima, i sensi prendono respiro e sono piu' ricchi. E' gioia e ancor di piu'. Nulla a che fare con "Le Pietre di Venezia", specchio della decadenza morale e della degradazione dell'arte in lavoro, dell'artista in operaio, quelle di John Ruskin. Nulla che possa essere ricondotto a omologazione. E' una favola d’altri tempi. Che toglie il fiato. E' uno stordimento senza fine, rarissimo e prezioso. E' un luogo di magnetizzazione. Abitata dai miti. Aggiungere altro non solo e' arduo, ineffabile, ma apparirebbe ridondante, stonato, fuori luogo di fronte a cotanta bellezza e maestria.

Le passioni, la poesia del vivere, le cose che si ama fare durano per sempre. Si custodiscono. E si tramandano.

Ed e' per questo che esprimo con enfasi il mio: Augurissimi! Laura e Gabriele, mille e mille date ancora, mille e mille ricorrenze ancora! Con sempre rinnovato stupore, incanto, con gia' nuovi sogni, echi, nuove traversate, avventure, con l'autentica bellezza che e' parte di voi e che vi contraddistingue. Per l'eternita'!